Lunga intervista di Veron per la Gazzetta dello Sport: tanti gli argomenti toccati, tra cui quello doloroso legato alla Nazionale.
È stato uno dei migliori centrocampisti della serie A. Oggi Oggi è il presidente dell’Estudiantes, squadra argentina in cui iniziò a giocare nell’ormai lontano 1994 e in cui ha terminato nel 2017. Parliamo di Juan Sebastian Veron, un passato in Italia con le maglie di Sampdoria, Parma, Lazio e Inter e 680 gare all’attivo complessive tra i professionisti con le maglie dei club.
Tra i protagonisti della terza edizione della Milano Football Week, Veron è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport e si è raccontato, raccontandosi a 360°, a partire dalla sua passione del calcio – comune a quella di tanti connazionali: “Per i sudamericani il calcio è sempre stato una ragione di vita, una religione. Ora anche da noi purtroppo comanda il business e la passione è sempre meno. Però il calcio è sempre molto popolare, a ogni latitudine. Noi siamo cresciuti per strada e questo dà dei vantaggi quando sei in campo. Io alla Fifa? Ci vorrebbe uno che non sa solo di politica ma anche di calcio: oggi le partite sono troppe, il Mondiale ad esempio così è allargato a troppe squadre”.
Tra i tanti connazionali, il più celebre è probabilmente il compianto Diego Armando Maradona, con cui ha avuto il piacere di giocare: “Ho giocato con lui, ho vissuto con lui alcuni momenti e per me era un sogno, visto che sono cresciuto guardando le sue partite. Ritrovarmelo di fianco è stato incredibile”.
Veron ha quindi raccontato del suo approdo al calcio italiano: “La prima squadra è stata la Sampdoria nel 1996, non parlavo italiano e non sapevo cosa mi aspettava. Quando sono entrato nello spogliatoio sembravo piccolo piccolo al cospetto di grandi giocatori. Li ho imparato come si doveva comportare un giocatore professionista. Dopo che feci un gol al Milan capii cosa voleva dire il calcio in Italia, dove allora c’erano grandi campioni. Mi allenavo con Sinisa Mihajlovic che è stato un grande maestro: il migliore per precisione e potenza sulle punizioni”.
Una battuta quindi sullo scudetto con la Lazio e quindi il passaggio all’Inter, voluto da Roberto Mancini, già compagno di squadra in biancoceleste: “Mi ha voluto Roberto Mancini perché mi conosceva e sapeva quello che potevo dargli. Da lì è cominciato il ciclo che portò numerosi scudetti e finito con la Champions 2010”.
Per Mancini, Veron ha solo parole al miele: “Lui ha sempre avuto l’indole dell’allenatore e poi ha dimostrato di saperci fare. Non so perché abbia lasciato la Nazionale. Aveva vinto un Europeo e poi fallito la qualificazione al Mondiale, ma è molto difficile al giorno d’oggi costruire una squadra a livello di Nazionale. A volte non si prendono le decisioni giuste e la sua secondo me non lo è stata. Ma magari ci sarà tempo per ritornarci in azzurro…Sapevano tutti che Roberto sarebbe stato un grande allenatore, la stessa cosa non si può dire ad esempio per Simone Inzaghi di cui non pensavo onestamente che sarebbe diventato così bravo”.
Infine, dolorose le parole della brujita (così era soprannominato Veron) sulla nazionale dopo la debacle contro la Norvegia: “Da voi c’è un problema di giocatori. Prima c’erano Pirlo, Totti, Del Piero e uno come Morfeo a malapena andava in panchina. Oggi non è più cosi. Se andrete al Mondiale? Non lo so…”
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